venerdì 18 settembre 2009

Intervista a Martha Capello


Cominciamo con la classica domanda: ci parli della sua attività di produttrice cinematografica, come nasce e perché.

Circa tre anni fa, all’età di 26 anni ho iniziato a frequentare professionisti cinematografici e, appassionandomi al loro lavoro, ho deciso di avviare un’attività imprenditoriale nel settore.

In quel periodo stavo sicuramente cercando la mia strada, i miei studi scientifici erano orientati in una direzione e verso un lavoro che non mi appassionava veramente. L’idea invece di basare la mia futura attività sulla creazione di valore, di cultura e di arte, mi ha spinto a intraprendere quella che io ritengo sia una strada difficile, piena di ostacoli ma anche stimolante e, potenzialmente, ricca di soddisfazioni.

Che cos’è l’AGPC di cui Lei è Presidente?

L’Associazione Giovani Produttori Cinematografici nasce dal desiderio di molti produttori di essere rappresentati a livello di categoria e dalla volontà di far parte di una rete di professionisti con cui sviluppare uno scambio creativo di progetti e di idee. L’Agpc offre ai suoi associati continui aggiornamenti e informazione su molti aspetti di questo settore e risponde tempestivamente alle esigenze e alle necessità non solo di formazione, organizzando seminari e conferenze a tema, ma anche di carattere pratico stipulando per i propri associati diverse convenzioni con fornitori e professionisti.

Quando si puo’ considerare “giovane” un produttore, soprattutto in Italia?

Moltissime Società iscritte all’Agpc fanno capo a produttori che non si considerano propriamente “giovani”.

Io credo che “giovane” non sia un numero e certamente non è un’età. Per me “giovane” è una mentalità: la mentalità di fare network, di riconoscere la forza nell’unione; è la ricerca, attraverso lo studio e una sempre più alta formazione, di nuovi modelli di organizzazione di impresa, di nuove modalità di credito e di finanziamento, di nuovi mezzi di produzione. Grazie ad un atteggiamento di questo tipo i Giovani Produttori sono orientati verso un futuro in cui sia possibile superare crisi come questa, che inchiodano il nostro e altri settori, impedendone lo sviluppo e la crescita.

Quali sono oggi, per gli autori indipendenti ed in particolari giovani, le possibilità per realizzare le proprie opere?

E’ quella di rivolgersi ad un giovane produttore!

Credo sia necessario e urgente interrompere la tendenza di molti autori a prodursi da soli il proprio film, cercando piccoli finanziamenti e confidando nella benevolenza della troupe. Ne sono convinta per due motivi, il primo è che bisogna iniziare ad agire, a pensare da professionisti in quello che deve essere un settore industriale (e non più artigianale), riconoscendo dunque il ruolo di ciascuno all’interno di un sistema che deve funzionare in perfetta simbiosi. Diffido moltissimo di quei lungometraggi il cui regista ha anche il ruolo di produttore. Come può un lavoro così complesso avere un risultato eccellente in situazioni di stress e confusione dei ruoli?

Secondo motivo è che raramente un autore, per ingenuità o mancanza di nozioni, non avendo alle spalle una Società che lo guidi, si preoccupa di redigere contratti, di assumere o mettere in regola la sua troupe né tanto meno di rivolgersi alle agenzie di assicurazione o prevedere un piano di sicurezza sul lavoro. Si cade così nella totale illegalità quasi senza accorgersene! Mi fanno molto sorridere quei film che fanno notizia perché realizzati con poche migliaia di euro. Questa io la considero cattiva informazione nei confronti di una opinione pubblica che, a questo punto, non riesce più a spiegarsi i costi enormi di altri film. Spesso il sensazionalismo con cui vengono pubblicizzati alcuni film a basso costo nasconde una strategia di marketing scorretta. Chiunque lavori in questo settore sa benissimo che realizzare un film con dieci mila euro non è possibile!

Inoltre, pagare poco o niente i lavoratori, ignorare i loro contributi, accordarsi con i fornitori per un pagamento in nero e altri meccanismi di questo tipo, annientano il settore e lo rendono fragile e in preda all’anarchia.

Se un autore vuole contribuire alla fase di ricerca dei finanziamenti può certamente farlo, ma dal momento in cui si entra nella fase di organizzazione del film, l’unico suo pensiero deve essere quello di garantire a tutte le persone che lavorano con lui e lo sostengono, la giusta concentrazione per realizzare un prodotto di qualità e nei tempi stabiliti.

Come puo’ invece un giovane far conoscere le proprie opere?

Dai giovani mi aspetto innovazione, sperimentazione, rottura degli schemi, originalità e soprattutto idee. Quando un giovane fallisce? Quando cerca di chiudersi in modelli prestabiliti e di percorrere strade già tracciate da una generazione che è diversa dalla sua, lontana. Una generazione che il suo ruolo lo ha già trovato e che continua a applicare ancora sempre lo stesso metodo, finché funziona… Ma ai giovani, gli indipendenti, quelli veri, quelli che possono osare, a loro si apre un mare di possibilità.

Che senso ha supplicare una distribuzione o un circuito di sale per ottenere che un’opera venga programmata solo per una settimana? Che alternative ci possono essere? Qualche esempio: conosciamo tutti bene il grande potere del Web come mezzo per la promozione e la diffusione di qualsiasi prodotto. Perché non applicare lo stesso strumento per un’opera cinematografica? Ci hanno convinto che per la distribuzione di un film, Internet è il grande mostro dell’illegalità, della pirateria. Non riusciamo ancora a percepire quale immensa potenzialità si nasconde dietro la diffusione e la pubblicità web di un’opera attraverso una strategia di marketing (ad esempio virale) ben studiata.

Ricordo un fenomeno di alcuni anni fa, riguardante un manoscritto fotocopiato che girava “illegalmente” tra i banchi di scuola. In pochi mesi quello stesso manoscritto era diventato ricercatissimo tra gli adolescenti. La sua incredibile distribuzione, assolutamente fuori dagli schemi, ne ha permesso oggi una pubblicazione di successo con edizioni in molte lingue del mondo.

Senza contare che la promozione on-line ha costi nettamente inferiori rispetto ad altri mezzi.

Ad un giovane che vuole lavorare nel mondo del cinema oggi consiglieresti di restare in Italia o di andare all’estero?

Siamo tutti attratti da ciò che accade oltre i nostri confini nazionali, soprattutto quando le cose nel nostro Paese non vanno come dovrebbero andare. Sono una persona determinata e mi piace vincere quando le cose si mettono male ma allo stesso tempo consiglio a chiunque di andare all’estero per seguire dei corsi di formazione specifici che rendano la loro professionalità maggiormente competitiva. L’esperienza in altri Paesi è indispensabile per una crescita professionale e personale. Nella situazione attuale non ci si può più permettere l’improvvisazione sia come registi che come produttori.

E’ necessario studiare e assimilare modelli creativi e produttivi di successo, soprattutto stranieri. Crisi come queste passano più o meno velocemente ma possono tornare con facilità, il giovane produttore o autore di oggi e di domani deve essere prima di tutto pronto ad affrontarle e a saperle superare.

In che misura per Lei, la tecnologia digitale ha influito o alterato il modo di fare cinema? Può essere un vantaggio per le produzioni cinematografiche e per i giovani autori?

Assolutamente si, il cinema digitale ha permesso moltissima libertà di espressione e ha dato la possibilità a molti di far cinema, pur non avendo grandi mezzi a disposizione. Non voglio però cadere nell’eccesso (come mi è successo di sentire diverse volte) di affermare che un qualsiasi video, più o meno amatoriale, girato con minitelecamera o addirittura con il telefonino, può essere considerato “cinema”, in quanto espressione artistica di una o più persone che desiderano comunicare qualcosa.

Ho però visto anche sperimentazioni veramente interessanti, in cui l’autore ha saputo dosare l’utilizzo di mezzi di questo tipo (perché utili allo scopo narrativo), rendendo in questo modo l’opera molto originale e assolutamente “cinematografica”.

Quindi senza addentrarmi troppo su questo tema così delicato ma che offre moltissimi spunti di discussione (magari potremmo parlarne in un futuro incontro dell’Agpc!), mi sento di rispondere che il digitale è un ottimo mezzo per fare cinema ma credo che sia forte ancora il desiderio per molti, di raccontare la propria storia utilizzando la pellicola.

Perché alcune interessanti pellicole che magari ottengono anche numerosi premi in diversi festival, spesso non riescono a sbarcare nelle sale?

Il punto principale non è “il perché non sbarcano nelle sale” ma “il perché quando sbarcano nelle sale non incassano”!

Io credo che questo fenomeno, molto frequente in Italia, abbia una mescolanza di concause.

Perché il nostro ceto medio si ritrovi a scegliere film principalmente “di evasione”, piuttosto che film che “fanno pensare”, ancora non riesco a spiegarmelo. Senza cadere nella ovvietà di ribadire che il livello culturale del paese va sempre più scemando, anche a causa di una televisione che inebetisce invece di informare, mi domando se sbagliamo qualcosa noi stessi operatori del settore. Siamo noi che abbiamo la grande responsabilità di osservare il nostro pubblico e di sapergli offrire un prodotto che lo possa interessare: una storia universale in cui lui possa riconoscersi. Il cinema non è solo cultura né solo intrattenimento, il cinema dovrebbe far cultura intrattenendo. Questa alchimia, se ottenuta in modo onesto e non mistificatorio, potrebbe aprire nuovamente le sale a molti film “d’autore”.

Un’altra classica domanda: qual è lo stato di salute del cinema italiano secondo Lei?

Il cinema italiano sta uscendo da un lungo periodo di stallo. Il fatto stesso che realtà come l’Agpc siano nate, il fatto stesso che si inizi a domandare quali alternative abbiamo rispetto a quelle imposte dal sistema stesso, il fatto che giovani produttori e autori ricerchino sempre più una professionalità competitiva grazie a dei corsi di alta formazione, sono tutti aspetti che mi fanno sperare nella crescita di un nuovo cinema più forte e indipendente.

Quali sono i suoi prossimi progetti?

Dopo due anni di studio e ricerca di nuovi modelli di produzione, realizzando anche diversi cortometraggi e documentari, sono in partenza con “l’opera prima del produttore”! Io e i miei collaboratori più stretti stiamo sviluppando un progetto in grado di rispondere sia alle richieste del mercato internazionale, che alle esigenze di un pubblico nazionale sempre più difficile da conquistare.

Come Presidente dell’Agpc ho progetti molto interessanti e anche ambiziosi ma ve li svelerò uno per volta, nei prossimi mesi!

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